Ore 9:00
Siamo appena giunti in "Cast Alimenti", scuola alberghiera, presumibilmente privata. Lo chef Nicola Michieletto sta per tenere una lezione: "I prodotti dell'agricoltura bresciana per una cucina del benessere alimentare e criteri per una corretta struttura del menu". Davanti a queste dimostrazioni fortemente ostentate di cultura e conoscenza, che nascondono, nella migliore delle ipotesi, una logorrea del vuoto, io divento spietatamente critico.
Quindi inizio subito con gli aspetti che non mi piacciono per niente. Mi devo sfogare. Innanzitutto l'uso -tutto italiano- di differenziare le persone con i prefissi (si crede) prestigiosi "Dottoressa", "Professore", fino ad arrivare al "Ragionier" Fantozzi. Chi preme tanto per farsi chiamare con il rafforzativo-distintivo sociale è, di solito, un ignorantone galattico consapevole. Qui si stanno presentando tutti in questo modo, dando di sé un'immagine alta e ricca di curriculum, conoscenza ed esperienza. Si parla di "Biologico", "Mangiare in maniera salutistica", "Dieta mediterranea", in un pout-pourri micidiale, banalità da bar dello sport, generalizzazioni offerte a buon mercato che vanno bene solamente all'uditorio che ho di fronte e al livello rasoterra dei colleghi attorno a me.
Sono io che non mi accontento. Vorrei che a parlarmi di questi argomenti importanti, e delicati allo stesso tempo, fosse un biologo, uno scienziato, un laureato, non un cuoco represso che sogna di fare il nutrizionista. Ma perchè la gente non accetta i propri limiti e la smette di essere presuntuosa una volta per tutte?
Può un cuoco grasso parlarmi di "Benessere" e "Cucina salutistica"? Posso credere che la "Dieta mediterranea", che di qui a pochi
minuti eleverà agli altari della gloria, sia
da prendere come esempio? Cosa vuol dire davvero "Cucina mediterranea"? Quante nazioni si affacciano sul mediterraneo? Ce lo chiediamo ogni tanto?
Mia nonna, pugliese, cucinava come da tradizione di quella fantastica regione: tantissima verdura e frutta, uova, pochissima carne, un po' di pesce ogni tanto. Questo, certo, è "salutistico". Ormai lo sanno tutti.
Tuttavia nella dicitura "Dieta mediterranea" ci rientra tutto. Un grosso calderone di dati e di statistiche senza senso. Senza supporto scientifico.
Non esiste confronto, non esiste conoscenza. Quanti qui dentro conoscono i benefici della "Dieta a Zona"? Si discetta di argomenti importanti "a grandi linee", senza supporto scientifico solamente per far vedere il loro "sapere" e la loro presunta saccenza. Questo mi annoia moltissimo.
Se invece si intervenisse con argomenti alternativi, quali appunto la Zona, l'alimentazione Vegana, l'uso di soia, dolcificanti naturali alternativi come lo "Stevia", si verrebbe immediatamente derisi o considerati "strani".
Ho potuto osservare questo atteggiamento l'altro giorno, mentre preparavo il seitan a scuola. È stato un momento vissuto come provocazione (che pure può sortire effetti positivi e offrire stimoli per un acculturamento personale, attraverso la curiosità che dovrebbe venire dall'esempio), un attacco alla propria conoscenza, alle proprie sicurezze, alla propria rigida mentalità ottusa che difficilmente si apre alle novità provenienti dagli altri.
Chiaramente il consumo di seitan, l'ho già detto, è una scelta etica. Nessuno si sognerebbe di dire che è più buono delle lasagne alla bolognese. Almeno per quanto riguarda i gusti dell'era moderna occidentale.
Questo chef, tuttavia, mi sta piacendo. Gli ho testé fatto una domanda, mentre parlava di saccarosio: "Cosa ne pensa dello Stevia". E lui: "La Stevia rebaudiana? Ottima". Bravo, la conosceva. Sta dando anche ottimi consigli per una cucina macrobiotica: uso di farine insolite (con un mulino casalingo da 300 euro se le macina lui...), miglio, alghe, miso, tofu, soia e lievito inattivo naturale in sostituzione del formaggio grattugiato (ricorda il parmigiano!).
Per una certa sottocultura, soprattutto del sud, essere vegetariano
equivale ad essere omosessuale. La superficialità con la quale si giudica chi non è come noi, chi non è "normale", proprio perché si comporta fuori norma, come un marziano, un malato, un diverso, è impressionante. Ovviamente è un rito che tende ad esorcizzare la propria stupidità. L'uso continuo e frequente del cliché serve proprio per nascondere le proprie lacune ed avere enormi consensi da chi abbiamo intorno. Gli ignoranti sono, e lo saranno sempre, in maggioranza. Adeguarmi a loro equivarrà ad avere sempre più fans. Tendere al basso, usando lo stereotipo.
La crescita personale, invece, passa attraverso due fattori indispensabili: ammettere i propri limiti ed avere una serena autocritica.
Tutti i professori, quelli dell'alberghiero particolarmente, attestano, a ogni pié sospinto, di avere a cuore le sorti degli alunni. Si riempiono la bocca con questa dubbia volontà amorevole. Io sono circondato da alcuni ottimi colleghi di cucina e di alimentazione. Eppure quanti di loro si occupano della estesissima percentuale di obesità tra i loro studenti? Quanti sono disposti ad abbandonare le loro idee preconcette per un insegnamento più completo? Il concetto di cucina per molti di loro (grandissimi artisti, lo devo ammettere) non va più in là della cucina francese di fine Ottocento, legati come sono alla "Tradizione": termine che può essere, come in questo caso, micidiale.
Quando passo per i corridoi, non lo nascondo, soffro ogni volta che vedo un adolescente con problemi di sovrappeso mangiare una merendina o una pizzetta. Vorrei fermarla/o. Penso profondamente che il mio compito come educatore sia stoppare questo comportamento negativo che nasce proprio dalla non-conoscenza. In alcuni casi, con qualche alunno che mi chiede ragguagli, in via del tutto amichevole, mi prodigo volentieri. A scuola si va per imparare. Soprattutto dall'esempio.
Io sono disposto ad essere il simbolo per tutti, per chi vuole cambiare e, soprattutto, con l'apporto magari di una psicologa e della mia collega Mariangela, per chi non vuole migliorare. Non c'è più sordo di chi non vuole sentire: chi non vuole dimagrire fa di tutto, si inventa mille giustificazioni, non percepisce il malessere che si nasconde. Proprio come il tossicodipendente.
Partendo dalla Zona, invitando (sarebbe di altissimo valore) la dottoressa Gigliola Braga per un incontro, parlando di consumo consapevole, vegetariano e vengano, cucinare la soia e il seitan, consumo limitato di zucchero e sale, l'utilizzo di verdure crude (dieta crudista), e così via. Insomma prendere da tutti gli studi quello che c'è di buono e capire che la guerra tra le diete è quanto di più inutile possa esserci in circolazione.
Siamo appena giunti in "Cast Alimenti", scuola alberghiera, presumibilmente privata. Lo chef Nicola Michieletto sta per tenere una lezione: "I prodotti dell'agricoltura bresciana per una cucina del benessere alimentare e criteri per una corretta struttura del menu". Davanti a queste dimostrazioni fortemente ostentate di cultura e conoscenza, che nascondono, nella migliore delle ipotesi, una logorrea del vuoto, io divento spietatamente critico.
Quindi inizio subito con gli aspetti che non mi piacciono per niente. Mi devo sfogare. Innanzitutto l'uso -tutto italiano- di differenziare le persone con i prefissi (si crede) prestigiosi "Dottoressa", "Professore", fino ad arrivare al "Ragionier" Fantozzi. Chi preme tanto per farsi chiamare con il rafforzativo-distintivo sociale è, di solito, un ignorantone galattico consapevole. Qui si stanno presentando tutti in questo modo, dando di sé un'immagine alta e ricca di curriculum, conoscenza ed esperienza. Si parla di "Biologico", "Mangiare in maniera salutistica", "Dieta mediterranea", in un pout-pourri micidiale, banalità da bar dello sport, generalizzazioni offerte a buon mercato che vanno bene solamente all'uditorio che ho di fronte e al livello rasoterra dei colleghi attorno a me.
Sono io che non mi accontento. Vorrei che a parlarmi di questi argomenti importanti, e delicati allo stesso tempo, fosse un biologo, uno scienziato, un laureato, non un cuoco represso che sogna di fare il nutrizionista. Ma perchè la gente non accetta i propri limiti e la smette di essere presuntuosa una volta per tutte?
Può un cuoco grasso parlarmi di "Benessere" e "Cucina salutistica"? Posso credere che la "Dieta mediterranea", che di qui a pochi
minuti eleverà agli altari della gloria, sia
da prendere come esempio? Cosa vuol dire davvero "Cucina mediterranea"? Quante nazioni si affacciano sul mediterraneo? Ce lo chiediamo ogni tanto?
Mia nonna, pugliese, cucinava come da tradizione di quella fantastica regione: tantissima verdura e frutta, uova, pochissima carne, un po' di pesce ogni tanto. Questo, certo, è "salutistico". Ormai lo sanno tutti.
Tuttavia nella dicitura "Dieta mediterranea" ci rientra tutto. Un grosso calderone di dati e di statistiche senza senso. Senza supporto scientifico.
Non esiste confronto, non esiste conoscenza. Quanti qui dentro conoscono i benefici della "Dieta a Zona"? Si discetta di argomenti importanti "a grandi linee", senza supporto scientifico solamente per far vedere il loro "sapere" e la loro presunta saccenza. Questo mi annoia moltissimo.
Se invece si intervenisse con argomenti alternativi, quali appunto la Zona, l'alimentazione Vegana, l'uso di soia, dolcificanti naturali alternativi come lo "Stevia", si verrebbe immediatamente derisi o considerati "strani".
Ho potuto osservare questo atteggiamento l'altro giorno, mentre preparavo il seitan a scuola. È stato un momento vissuto come provocazione (che pure può sortire effetti positivi e offrire stimoli per un acculturamento personale, attraverso la curiosità che dovrebbe venire dall'esempio), un attacco alla propria conoscenza, alle proprie sicurezze, alla propria rigida mentalità ottusa che difficilmente si apre alle novità provenienti dagli altri.
Chiaramente il consumo di seitan, l'ho già detto, è una scelta etica. Nessuno si sognerebbe di dire che è più buono delle lasagne alla bolognese. Almeno per quanto riguarda i gusti dell'era moderna occidentale.
Questo chef, tuttavia, mi sta piacendo. Gli ho testé fatto una domanda, mentre parlava di saccarosio: "Cosa ne pensa dello Stevia". E lui: "La Stevia rebaudiana? Ottima". Bravo, la conosceva. Sta dando anche ottimi consigli per una cucina macrobiotica: uso di farine insolite (con un mulino casalingo da 300 euro se le macina lui...), miglio, alghe, miso, tofu, soia e lievito inattivo naturale in sostituzione del formaggio grattugiato (ricorda il parmigiano!).
Per una certa sottocultura, soprattutto del sud, essere vegetariano
equivale ad essere omosessuale. La superficialità con la quale si giudica chi non è come noi, chi non è "normale", proprio perché si comporta fuori norma, come un marziano, un malato, un diverso, è impressionante. Ovviamente è un rito che tende ad esorcizzare la propria stupidità. L'uso continuo e frequente del cliché serve proprio per nascondere le proprie lacune ed avere enormi consensi da chi abbiamo intorno. Gli ignoranti sono, e lo saranno sempre, in maggioranza. Adeguarmi a loro equivarrà ad avere sempre più fans. Tendere al basso, usando lo stereotipo.
La crescita personale, invece, passa attraverso due fattori indispensabili: ammettere i propri limiti ed avere una serena autocritica.
Tutti i professori, quelli dell'alberghiero particolarmente, attestano, a ogni pié sospinto, di avere a cuore le sorti degli alunni. Si riempiono la bocca con questa dubbia volontà amorevole. Io sono circondato da alcuni ottimi colleghi di cucina e di alimentazione. Eppure quanti di loro si occupano della estesissima percentuale di obesità tra i loro studenti? Quanti sono disposti ad abbandonare le loro idee preconcette per un insegnamento più completo? Il concetto di cucina per molti di loro (grandissimi artisti, lo devo ammettere) non va più in là della cucina francese di fine Ottocento, legati come sono alla "Tradizione": termine che può essere, come in questo caso, micidiale.
Quando passo per i corridoi, non lo nascondo, soffro ogni volta che vedo un adolescente con problemi di sovrappeso mangiare una merendina o una pizzetta. Vorrei fermarla/o. Penso profondamente che il mio compito come educatore sia stoppare questo comportamento negativo che nasce proprio dalla non-conoscenza. In alcuni casi, con qualche alunno che mi chiede ragguagli, in via del tutto amichevole, mi prodigo volentieri. A scuola si va per imparare. Soprattutto dall'esempio.
Io sono disposto ad essere il simbolo per tutti, per chi vuole cambiare e, soprattutto, con l'apporto magari di una psicologa e della mia collega Mariangela, per chi non vuole migliorare. Non c'è più sordo di chi non vuole sentire: chi non vuole dimagrire fa di tutto, si inventa mille giustificazioni, non percepisce il malessere che si nasconde. Proprio come il tossicodipendente.
Partendo dalla Zona, invitando (sarebbe di altissimo valore) la dottoressa Gigliola Braga per un incontro, parlando di consumo consapevole, vegetariano e vengano, cucinare la soia e il seitan, consumo limitato di zucchero e sale, l'utilizzo di verdure crude (dieta crudista), e così via. Insomma prendere da tutti gli studi quello che c'è di buono e capire che la guerra tra le diete è quanto di più inutile possa esserci in circolazione.
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