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dicembre 31, 2017

Capodanno 2018

Vigilia a casa di Ale e Maury.
Apparecchiatura, atmosfera, cibo e compagnia, impeccabili, come sempre.
La classe e la raffinatezza di Alessandro nell'allestire (e fotografare) scenari?
Ne vogliamo parlare?





maggio 26, 2017

Le 50 cortesie a tavola



Cinquanta cortesie da desco, poemetto sulle buone maniere a tavola, in lingua volgare, nonostante il titolo latino.

Fra Bonvesin da la Riva che sta in borgo Legnano, 

delle cortesie da tavola qui vi parla senza indugio; 
delle cinquanta cortesie che sono da osservarsi a tavola 
fra Bonvesin da la Riva ve ne parla ora.

La prima è questa: quando vai a tavola,
pensa prima di tutto al povero bisognoso: 
perché quando tu nutri un povero, tu nutri il tuo Pastore, 
che ti nutrirà dopo la morte nell'eterna dolcezza.

La seconda cortesia: se tu porgi acqua alle mani 
porgila elegantemente, procura di non essere maleducato.
Porgine a sufficienza, ma non troppa, quando è tempo d'estate; 
d'inverno, per il freddo, diminuisci la quantità.

La terza cortesia: non affrettarti  
a prendere posto a tavola senza averne il permesso; 
se qualcuno t'invita a nozze, prima di sederti 
non prenderti delle libertà per evitare di essere cacciato.

L'altra è: prima di assumere il cibo preparato, fa in modo
che esso venga benedetto da te o da qualcuno maggiore di te:
è troppo ingordo e maleducato e pecca contro Cristo 
colui che non si cura degli altri né benedice il proprio piatto.

La quínta cortesía: siedi a tavola come si conviene,
cortese, educato, allegro e di buon umore; 
quindi non devi essere né astioso né corrucciato né scomposto
e neppure tenere le gambe incrociate.

La sesta cortesia: se possibile
non ci si deve appoggiare alla tavola imbandita. 
Perchè non è educato appoggiare 
i gomiti o stendere le braccia.

La settima cortesia è per tutti: 
non mangiare né troppo né poco, ma moderatamente. 
Colui che mangia troppo o troppo poco, 
non trae alcun vantaggio né per l'anima né per il corpo.

L'ottava cortesia è, che Dio ci aiuti,
a non riempire troppo la bocca e non mangiare troppo in fretta;
I'ingordo che mangia in fretta, e si riempie la bocca, 
se venisse interpellato, farebbe fatica  a rispondere.

La nona cortesia è parlare poco
e badare a ciò che si sta facendo: 
perchè se si parla troppo mangiando, 
può accadere che escano briciole dalla bocca.
  
La decima cortesia è: quando hai sete, 
prima inghiotti il cibo e pulisci la bocca e poi bevi.
L'ingordo che beve in fretta, prima di aver deglutito,
infastidisce l'altro che beve in compagnia.

E l'undicesima è questa: non porgere la coppa all'altro, 
se può prenderla da solo, a meno che non te l'abbia chiesta.
Ciascuno prenda la coppa dalla tavola quando gli aggrada, 
e dopo aver bevuto, la riappoggi dolcemente.

La dodicesima è questa: quando devi prendere la coppa, 
usa le due mani e pulisci bene la bocca.
Con una sola mano non si può afferrarla bene: 
usare sempre le due mani anche per bere per non rovesciare il vino.

La tredicesima è questa: anche se non vuoi bere, 
se qualcuno ti porge la coppa, la devi sempre accettare; 
una volta presa, puoi subito posarla, 
o porgerla a qualcuno che è lì con te.

La successiva è questa: quando sei invitato
anche se in tavola c'è del vino buono, cerca di non ubriacarti. 
Chi si ubriaca scioccamente, nuoce tre volte:
al corpo, all'anima e spreca il vino.

La quindicesima è questa: anche se arriva qualcuno, 
non alzarti da tavola, se non per un motivo importante.
Finché mangi non devi muoverti 
neppure per salutare quelli che sopraggiungono.

La sedicesima poi  è
non sorbire rumorosamente quando mangi col cucchiaio.
Altrimenti l'uomo e la donna che lo fanno, 
si comportano veramente come la bestia che mangia il pastone.

La diciassettesima poi è: quando starnutisci 
o quando ti coglie la tosse, attenzione a quello che fai. 
Sii cortese, voltati dall'altra parte, 
affinchè la saliva non cada sulla tavola.

La diciottesima è questa: quando l'uomo si sente bene,
non faccia, chiunque sia, pane del companatico. 
Colui che è ghiotto di carne, di uova o di formaggio, 
anche se ne avesse in abbondanza, non deve esagerare.

La diciannovesima cortesia è questa: non criticare i cibi
quando sei ospite ai banchetti, ma dì che sono tutti buoni. 
Ho già trovato molti uomini con la brutta abitudine, 
di dire: «Questo è mal cotto» o «Questo è insipido».

E la ventesima è questa: curati del  tuo piatto; 
non guardare nel piatto degli altri se non per imparare. 
Chi serve deve controllare che non manchi nulla, 
ma se non lo facesse non sarebbe corretto.

La ventunesima è questa: non mescolare tutto insieme
carne o uova o cibo simile. 
Chi rimescola cercando il meglio sul tagliere, 
è ineducato e disturba il vicino di tavola.

L'altra che segue è questa: non comportarti villanamente,
se mangi il pane codividendolo con qualcuno; 
taglia il pane ordinatamente, non in qualche modo,
non tagliarlo ai lati se non vuoi essere ineducato.

La ventitreesima: non mettere pane nel vino, 
se nel tuo stesso bicchiere bevesse fra Bonvesino. 
Se  qualcuno volesse inzuppare nel vino bevendo con me
da un unico bicchiere, io, da parte mia, potendo non berrei con lui.

L'altra è: non mettere accanto al tuo vicino
né piatto né scodella, se non per un motivo importante. 
Se tu desideri scostare il piatto e la scodella, 
fallo dalla tua parte.

L'altra è: chi stesse mangiando da un tagliere con donne,
deve tagliare la carne per sé e per loro. 
L'uomo deve essere più premuroso, più sollecito e servizievole
della donna che per riservatezza non è in grado di esserlo.

La ventiseiesima: sii molto cortese
quando il tuo buon amico mangia alla tua tavola. 
Tagliando carne pesce o altre buone pietanze, 
scegli per lui la parte migliore.

L'altra che segue è questa: non devi essere insistente
con l'amico a casa tua perchè beva o mangi;
devi accoglierlo bene e fargli bella cera
e metterlo a suo agio in ogni senso..

La ventottesima: mangiando accanto un uomo importante,
astieniti dal mangiare mentre lui sta bevendo. 
Mangiandi accanto a un vescovo, che sta bevendo dalla coppa,
fa in modo di non masticare con la bocca.

L'altra che viene è questa: se foste vicino a un uomo importante, 
non dovete bere contemporaneamente a lui.
Chi fosse vicino ad un vescovo, fintanto che lui beve
non deve alzare il proprio bicchiere, per educazione.

E la trentesima è questa: chi serve, sia pulito, 
e in presenza altrui non sputi nè insudici.
Perchè a un uomo mentre mangia, causerebbe fastidio: 
non può essere troppo pulito chi serve ad un banchetto.

La trentunesima è questa: ogni giovane educato 
che voglia soffiarsi il naso a tavola, si pulisca con i fazzoletti.
Chi mangia o chi serve, non deve pulirsi il naso con le dita; 
si pulisca con teli e usi cortesia.

L'altra che víene è questa: le tue mani siano pulite, 
non devi mettere né le dita nelle orecchie né le mani sulla testa. 
L'uomo che mangia non deve
frugare con le dita in parti sporche.

La trentatreesima: non accarezzare con le mani 
finché sei a tavola, né gatti né cani: 
L'uomo educato non deve accarezzare gli animali 
con le mani con le quali tocca i cibi.

L'altra è: mentre mangi con persone estranee, 
non mettere le dita in bocca per pulire i denti. 
Chi si mette le dita in bocca prima di aver finito di mangiare, 
per quanto mi riguarda non mangerà con me sul tagliere.

La trentacínquesima: non devi leccarti le dita; 
chi le mette in bocca le pulisce male.
L'uomo che si mette in bocca le dita impiastricciate 
non le pulisce, anzi le sporca maggiormente.

La trentaseiesima cortesia: 
se devi parlare, non parlare a bocca piena. 
Chi parla e chi risponde prima d'aver vuotato la bocca, 
difficilmente potrebbe articolare qualcosa.
  
Dopo questa viene quest'altra: finché il vicino di tavola 
avrà il bicchiere alla bocca, non fargli domande; 
se proprio lo vuoi interpellare, ti chiedo di farlo 
solo dopo che avrà finito di bere.

La trentottesima è questa: non raccontare storie tristi 
perchè coloro che sono con te possano mangiare serenamente. 
Fin che gli altri mangiano non dire cose angoscianti,
ma taci oppure di' parole confortevoli.

L'altra che segue è questa: se mangi con persone, 
non fare nè rumore nè litigi, pur se hai ragione.
Se qualcuno dei tuoi eccedesse, lascia correre fino ad un momento opportuno, in modo che coloro che sono con te non siano turbati.

L'altra è: se accusi dolore per qualche infermità, 
nascondi più che puoi il tuo malessere. 
Se ti senti male a tavola, non mostrare sofferenza, 
e non procurare dispiacere a coloro che mangiano con te.

Dopo quella viene quest'altra: se vedessi nel cibo 
qualcosa di sgradevole, non dirlo agli altri.
Vedendo nel cibo una mosca o altra porcheria, 
taci, per non creare disgusto in coloro che stanno mangiando a tavola.

L'altra è: se porti scodelle a tavola per servire, 
devi tenere il pollice sul bordo della scodella.
Se prendi la scodella con il pollice sul bordo, 
potrai metterla poi al suo posto senza altro aiuto.

La quarantatreesima è: se porgi la coppa,
non toccare mai la sommità del bicchiere con il pollice.
Reggi il bicchiere da sotto e porgilo con una mano: 
chi lo tiene diversamente può essere considerato villano.

La quarantaquattresima per chi vuol sentire è: 
non devi riempire troppo piatti, scodelle e bicchieri. 
In ogni cosa occorre misura e modo; 
chi eccedesse non sarebbe cortese.

L'altra  che segue è questa: trattieni il cucchiaio, 
se ti vien tolta la scodella per aggiungervi del cibo. 
Se c'è il cucchiaio nella scodella, ciò intralcia chi serve; 
In tutte le cortesie fa bene chi riflette.

L'altra che segue è questa: se mangi con il cucchiaio, 
non mettere troppo pane nel cibo. 
Chi farà "zuppetta" nella pietanza, 
potrebbe dar fastidio a coloro che gli mangiano accanto.

L'altra che segue è questa: se hai vicino l'amico,
finché egli è a tavola, serviti contemporaneamente a lui. 
Se tu dovessi smettere di mangiare e non fossi ancora sazio, 
forse anch'egli smetterebbe per ritegno.

L'altra è: mangiando insieme ad altri invitati, 
non mettere anzi tempo il tuo coltello nel fodero. 
Non usare il coltello prima dei tuoi vicini di tavola: 
può darsi che venga portata in tavola una vivanda diversa da quella pensata.

La cortesia seguente è: quando mangiato,
glorifica Gesù Cristo. 
Colui che riceve un servizio da chi gli vuol bene, 
se non lo ringrazia, è irriconoscente.

La cinquantesima poi (l'ultima) è:
lavare le mani, poi bere del buon vino di botte. 
Le mani dopo il banchetto possono essere anche solo sciacquate; 
dal grasso e dalla sporcizia possono essere pulite successivamente.

Il Galateo (da Wikipedia: suddivisione in eventuali capitoli, nonvoluti dall'autore)

I capitoli trattano i seguenti argomenti:
  1. Ideale di vita: i buoni costumi sono utili alla società
  2. Le azioni si devono fare non a proprio arbitrio, ma per il piacere di coloro coi quali si è in compagnia
  3. Cose laide da non fare o nominare
  4. Aneddoto di Messer Galateo e del Conte Ricciardo
  5. A tavola: modi dei commensali e dei servitori
  6. Comportamenti da tenere in compagnia degli altri
  7. Bisogna adattarsi alle usanze degli altri nel modo di vestirsi, di tagliarsi i capelli e la barba
  8. Non avere a tavola modi violenti o noiosi o sconci; aneddoto di Messer Bandinelli
  9. Utilità della ritrosia, ma senza eccessi
  10. Non si devono usare modi vezzosi come quelli delle donne
  11. Evitare argomenti che non interessano o temi sottili difficili da capire
  12. Condanna dei bestemmiatori e di coloro che raccontano i propri sogni - il sogno di Messer Flaminio Tomarozzo
  13. Contro i millantatori e i bugiardi o coloro che si vantano
  14. Sul linguaggio da tenere durante la conversazione: chiarezza, onestà; evitare parole sconce o dal doppio senso o le cerimonie fatte per tornaconto o per adulazione
  15. Conclusione contro le cerimonie, perché degli uomini malvagi e sleali
  16. Sulle cerimonie per debito o per vanità - le cerimonie imposte dalla legge da usare tenendo conto del luogo e delle usanze - aneddoto di Edipo e Teseo
  17. Non usar cerimonie fuor del convenevole per non essere vanitosi
  18. Le persone schifano l'amicizia dei maldicenti - condanna dell'eccesso del dar consigli
  19. Bando agli scherni e alle ingiurie - occorre saper fare bene le beffe
  20. Sui motti di spirito
  21. Il conversare disteso deve rappresentare le usanze, gli atti e i costumi
  22. Sul linguaggio da tenere durante la conversazione: chiarezza, onestà; evitare parole sconce o dal doppio senso
  23. Prima di parlare bisogna sapere cosa dire - il tono della voce - scelta delle parole dal miglior suono e dal miglior significato
  24. Lasciare che anche gli altri parlino - non interrompere qualcuno quando parla - il soverchio dire reca fastidio, il soverchio tacere odio
  25. Aneddoto del Maestro Chiarissimo - il costume e la ragione sono i maestri per porre freno alla natura - l'educazione deve essere impartita fin nella più tenera età
  26. La bellezza femminile: convenevole misura fra le parti verso di sé e fra le parti e 'l tutto
  27. La bellezza è armonia: anche il vestire deve essere armonico
  28. Fuggire vizi come lussuria, avarizia, crudeltà - ogni azione (vestire, portamento, camminata, parlata, stare a tavola, ecc.) deve essere armonica
  29. Norme generali di comportamento
  30. Ancora norme di comportamento

settembre 28, 2015

Il galateo

Introduzione storica
Il termine identifica il titolo di uno dei libri più importanti e conosciuti dell'Europa rinascimentale che l'autore, monsignor Giovanni della Casa, scrisse tra il 1551 e il 1555, probabilmente negli anni del suo ritiro nell'abbazia di Sant'Eustachio a Nervesa nel Trevigiano e pubblicato postumo nel 1558.
L'opera fu dedicata all'amico vescovo Galeazzo Florimonte (infatti Galatheus è la forma latina del nome del dedicatario, da ciò il titolo dell'opera).
Oggi la parola indica l'insieme delle norme riferite alla buona educazione, al bon ton, alle regole di convivenza, a ciò che conviene dire e fare in una certa situazione, avere buone maniere e buon gusto, le bienséances.
Il primo autore del Galateo fu Clemente Alessandrino che nel suo Il pedagogo propose le regole per stare a tavola, vestirsi, come parlare correttamente fino anche all'uso dei profumi. 
L'umanista Erasmo da Rotterdam propose delle regole di buone maniere nella sua opera De la Civilité puérile (o De civilitate morum puerilium) e nel suo trattato sull'educazione precoce dei bambini nel 1530. Queste regole sono indirizzate a chiunque, qualsiasi sia la classe sociale di appartenenza. Queste regole, innovative rispetto al passato, influenzarono le opere letterarie che seguirono.
Anche nel medioevo vi era un galateo che disponeva le regole per stare a tavola, ad esempio di non mettere le ossa nel piatto comune, ma piuttosto di gettarle in terra e lasciare che i cani li mangiassero.
Se si escludono le usanze di convivialità durante l'impero romano (il Satyricon o Cena Trimalchionis di Petronio) e non si scomodano quelle greche, senza andare troppo indietro col tempo, all'homo erectus come scopritore del fuoco e di tutte le ritualità attorno al quale presero originariamente vita, si può affermare che la precettistica religiosa dell'alto, ma soprattutto del basso medioevo è all'origine di tutto.
Ed è proprio in ambiente monastico che si sviluppano le norme per ordinare in maniera armonica la convivenza tra gli abitanti del monastero.
Dalla regola di San Benedetto ai vari penitenziari (a volte anche rigidissimi) di Gilda il Sapiente o San Colombano), fino a giungere a Bonvesin de la Riva (letteratura didattica e morale) con "
De quinquaginta curialitatibus ad mensam" e per finire con il predecessore del Della Casa, Baldassarre Castiglione e il suo famosissimo "Il cortegiano".
Castiglione teorizza quale debba esser l'arte di chi sta a corte descrivendola anzitutto come arte della conversazione: il compito del "cortegiano" è infatti primariamente quello di piacere al principe e la conversazione è appunto uno degli strumenti per generare tale piacevolezza, il gareggiare con motti ingegnosi, il dispiegare facezie, arguzie e giochi di parole, inscenando un "gioco ingegnoso" che permetta di conversare amabilmente.
 La Bruyère sintetizza: "la corte è come un palazzo di marmo: voglio intendere che essa è composta di uomini ben duri ma politi"; come si evince dal testo, la spigolosità degli individui a corte non è eliminata, ma solamente polita, ovvero trattenuta per convenzione; e un poco alla volta le buone maniere diffusesi a corte si divulgheranno nella società e fra i cittadini, producendo quel fenomeno che è l'urbanità, cui è opposta la villania, ovvero l'atteggiamento del villano che sta lontano dalla città e dalle buone maniere. La civiltà, insomma, prende a svilupparsi sul modello della corte, ingerendone le usanze e i costumi: ne è prova lampante il fatto che la civiltà moderna è la civiltà delle cosiddette buone maniere, trasferitesi dalla corte alla città.
E come il discorso di Machiavelli non valeva solo per il principe, ma per ogni cittadino, ugualmente quello di Castiglione non è rivolto solo al cortigiano, ma anzi ci invita tutti a diventare cortigiani, ad esser piacevoli con gli altri, intrattenendo la malagrazia e la spiacevolezza dell'egoistica individualità di ciascuno di noi, individualità che la cortesia reprime e dissimula: ma si tratta di qualcosa che si spinge oltre all'ipocrita dissimulare, giacché si realizza una reale smussatura dell'aggressività, e ciò si attua grazie all'operare dell'arte della cortesia. La funzione civilizzatrice della corte è ribadita da Monsignor Giovanni della Casa nel suo Galateo overo de' costumi, in cui scrive:

« e queste parole di signoria e di servitù e le altre a queste somiglianti, come io di sopra ti dissi, hanno perduta gran parte della loro amarezza; e, sì come alcune erbe nell'acqua, si sono quasi macerate e rammorbidite dimorando nelle bocche degli uomini. »
(Galateo, cap. XVI)
Anche per Giovanni della Casa la cortesia non elimina, ma ammorbidisce la servitù e la signoria, rendendole più vivibili, proprio come l'acqua ammorbidisce certe erbe in essa immerse.
Nei primi capitoli si dice che un gentiluomo debba essere in ogni occasione costumato, piacevole e di bella maniera. Inoltre non deve mai menzionare, né fare, né pensare cose spiacevoli che invochino nella mente dell'interlocutore immagini disdicevoli; da qui, evitare di far vedere che si è in procinto o si è appena tornati dal bagno, soffiarsi il naso e guardare nel fazzoletto se vi siano diamanti o pietre preziose, sputare, sbadigliare in pubblico e punzecchiare col gomito. Il Della Casa ci dice che l'aspetto esteriore è molto importante; infatti i vestiti devono essere fatti su misura e calzare come un guanto, rispecchiare lo status sociale di chi li indossa e soprattutto seguire le mode locali.
Se le cerimonie ci vengono fatte: mai rifiutarle perché potrebbe essere preso come segno di arroganza. Gli stessi princìpi devono essere osservati nelle lettere cartacee. Dopo questa piccola parentesi, il Della Casa torna ad illustrare i costumi del favellare. Ci dice che mai si devono usare termini vili o sconvenevoli in un discorso, neanche se il fine del quale è il riso e che, non tanto se la discussione è breve ma per lo più quando si ha intenzione di portarla avanti, si deve usare un linguaggio il più possibile “ordinato e ben espresso” in modo tale che l'uditore possa essere in grado di immaginare le cose con cui lo si sta intrattenendo. Oltre alla chiarezza delle parole usate, è importante anche che queste abbiamo un bel suono.
In più, prima di parlare di un qualsiasi argomento, è bene saperlo nella propria mente. Non sta bene né interrompere qualcuno mentre sta parlando, né tantomeno aiutarlo a trovare le parole se in difficoltà perché significherebbe incentivarlo alla pigrizia.  
Secondo l'autore i cattivi costumi sono da considerarsi come le malattie, e più in là con gli anni si va e più è difficile liberarsene; infatti consiglia di iniziare la pratica delle buone maniere fin da piccoli perché “la tenera età, sì come pura, più agevolmente si tigne d'ogni colore”. Negli ultimi tre capitoli l'autore ci parla di alcuni comportamenti generali: tutto ciò che si fa non deve solo essere giusto, ma deve anche essere fatto con leggiadria; il gentiluomo non deve mai correre o camminare troppo lentamente; inoltre, secondo la visione dell'autore "non abbiamo potere di mutar le usanze a nostro senno, ma il tempo le crea" quindi, ovunque ci troviamo, è giusto e doveroso adattarsi ai costumi locali.
Il Della Casa ci riporta anche dei comportamenti da tenere a tavola, come il non grattarsi, non riempirsi troppo la bocca, non pulirsi i denti con il tovagliolo, né tantomeno con lo stuzzicadenti e non sputare, prendendo in questo esempio da quei popoli di cui aveva tanto sentito parlare, i persiani, che non avevano mai avuto quest'abitudine. Altra cosa che sconsiglia caldamente è l'offrire da bere, altra “malattia” d'oltralpe, ma che per fortuna, non si è ancora radicata in Italia. Il lavarsi le mani in pubblico è accettabile solo prima di pranzo e dinnanzi ai commensali, così che possano essere sicuri che la persona con cui divideranno il cibo è pulita; infatti nel XVI secolo era ancora diffuso il dividere il piatto e il bicchiere con un'altra persona e l'uso delle posate non era ancora ben radicato.


Al giorno d’oggi non esiste più il galateo così come designato da Monsignor Della Casa: i costumi si sono evoluti e, con il passare del tempo, ogni consiglio scritto dall’uomo sembra essere stato superato. Questo, però, non vuol dire che non esistano più regole da seguire: l’etichetta è in continua evoluzione e riesce a unire sia nuove esperienze che vecchi usi. Se, dunque, cambia nella sua sostanza, lo scopo del galateo è sempre lo stesso: il rispetto del prossimo, una convivenza gradevole tra individui e una società più armoniosa per il benessere di tutti.



A tavola:

- Mangiando bisogna tenere una posizione eretta ma non rigida, stare non troppo vicini al tavolo, portare il cibo alla bocca (e non la bocca al cibo) alzando il braccio.
- Non si devono appoggiare i gomiti sulla tavola, solo gli avambracci o i polsi.
- Non si inizia a mangiare fino a quando tutti i commensali (dello stesso tavolo) siano stati serviti.
- Appena ci si accomoda, si spiega il tovagliolo sulle ginocchia: non lo si lega al collo né si infila nel colletto della camicia.
- Evitare di allungare le gambe "sdraiandosi" sulla sedia.
- Non parlare con la bocca piena: mentre si mangia si tiene la bocca chiusa evitando qualsiasi rumore di masticazione.
- Gli stuzzicandenti non possono essere utilizzati a tavola o comunque di fronte agli altri.
- Il "Cin cin" non è previsto; per brindare è sufficiente alzare i calici senza farli tintinnare.
- Non si dice "Buon appetito".
- E' vietato toccarsi naso, capelli, unghie, baffi e barba.
- E' bene non "inondarsi" di profumo prima di sedersi a tavola.
- Non si attira l'attenzione o non ci si rivolge al personale agitando le braccia, schioccando le dita, battendo il coltello sul bicchiere, alzando la voce, urlando "cameriere", o peggio "capo". Sarà sufficiente un cenno de,,a mano o uno "scusi" quando il cameriere è vicino al tavolo.
- Cellulare spento o con suoneria abbassata, ma se non fosse possibile, avvisare gli altri commensali sulla possibilità di ricevere qualche telefonata. Mai tenerlo sul tavolo in bellavista.
- Non si porta mai il coltello alla bocca.
- Il cibo nel piatto non va tagliato subito in tanti tocchetti, ma un pezzo alla volta, man mano che si mangia.
- Il cibo (soprattutto il risotto) non va schiacciato con la forchetta o spinto verso il bordo.
- Non si annusa il cibo.
- Il pane si spezza (e non si taglia) sull'apposito piattino per non sbriciolare sulla tovaglia. Il coltello serve eventualmente per spalmare il burro.
- Non si soffia sul cucchiaio della minestra o sul piatto per raffreddare il cibo; se è troppo caldo aspettare che si raffreddi.
- Per terminare una minestra la si porta sul cucchiaio inclinando il piatto fondo verso il centro della tavola.
- La "scarpetta" (raccogliere la salsa col pane) non è prevista.

- Il bicchiere non va riempito fino all'orlo.
- Prima di bere e dopo aver bevuto bisogna pulirsi le labbra col tovagliolo.
- Per bere bisogna alzare il braccio, non chinarsi su sé stessi, tantomeno sollevare il mignolo.
- Quando viene servito da bere, il bicchiere va lasciato al suo posto, non sollevato verso la bottiglia; se non si desidera che venga riempito si fa un semplice cenno, evitando di coprirlo con la mano.
- Se cade una posata, sarà il cameriere a sostituirla prontamente.



Comportamento in sala:

 -Mai “viaggi a vuoto”; prima di spostarsi, controllare sempre se si possa prendere qualcosa da portare nel luogo dove si sta andando; ciò consente di lavorare in modo veloce e ordinato.
- Adattare il proprio comportamento e modo di parlare alla persona o tipologia di cliente: se si è con un bambino di 4 anni o con un anziano di 70, non ci si può comportare e parlare allo stesso modo.
- Quando un cliente entra nel locale, offrire la migliore accoglienza, facendolo sentire importante e dandogli il benvenuto salutando sempre per primo.
- Consegnare subito al cliente o al superiore qualsiasi oggetto smarrito o dimenticato, in modo da evitare sospetti o equivoci.
- Non indicare con il dito persone o tavoli; se si devono fornire delle indicazioni o riferimenti, descrivere la persona o il luogo, evitando di fissare qualcuno.
Per la salute è preferibile bere acqua, e poi mentre si parla l’odore dell’alcol si sente. Se dovesse accadere occasionalmente di bere un alcolico, prima di avvicinarsi di nuovo ai clienti, bere dell’acqua per sciacquare la bocca.
- Avere sempre qualche apprezzamento sincero, verso il cliente, i figli, la macchina, il cane…
- Anche nei momenti di minore attività, non restare inattivi osservando e ascoltando i clienti o distraendosi con i colleghi: c’è sempre qualcosa da fare.
- Non masticare il chewing-gum durante il servizio. È un atteggiamento volgare, oltre che molto fastidioso a vedersi.
- Mantenere sempre la massima concentrazione sul lavoro, pensando a ciò che si dovrà fare non appena si termina quello che si sta facendo.
- Non lavorare senza sapere cosa proponi e servi. Prima di iniziare ogni servizio studiare il menu/le bevande del giorno e informarsi su come vengono preparati.
- Fumare durante l'orario di lavoro è vietato. Se dovesse accadere occasionalmente di fumare, per evitare di puzzare di fumo prima di avvicinarsi ai clienti bere dell’acqua e lavarsi le mani (comunque l’odore rimane sempre, anche su vestiti, capelli…).
- Quando un cliente esce, salutalo calorosamente ringraziandolo per essere venuto nel locale, per averci concesso quindi la sua preferenza.
- Soffiarsi il naso, asciugarsi il sudore, sistemarsi i vestiti, pettinarsi…: mai davanti ai clienti. Regola valida anche per i piccoli tic che possiedono alcune persone, per esempio, toccarsi in continuazione i capelli, la faccia, i brufoli, le orecchie, ecc.
- Non trasmettere al cliente i tuoi stati d’animo negativi (preoccupazione, nervosismo, insofferenza, rabbia, ecc.) con il tuo comportamento, il viso, le parole, il tono di voce o lo sguardo;
mantieni sempre un tono di voce e un atteggiamento tranquillo e sicuro.

- Se un cliente vuole parlare per dimostrare le sue conoscenze o capacità, incoraggialo, senza interromperlo né contraddirlo.
- Parla di ciò che interessa al cliente, non di quello che interessa a te. Ricorda che al tuo cliente non interessa nulla delle tue difficoltà, a lui interessano i suoi problemi! Non intervenire nei colloqui, se non espressamente richiesto.
- Assumere sempre un atteggiamento premuroso e scrupoloso, dimostrandosi sempre disponibile e attento alle esigenze di tutta la clientela, anche verso quella di altri colleghi.
- Non riunirsi a parlare in gruppo con altri colleghi.
- Mentre si lavora non si mangia; se eccezionalmente dovesse capitare, assicurarsi di non presentarsi ai clienti masticando o con la bocca e i denti sporchi!
- Non tenere le mani in tasca, nei capelli, nel naso (!) o in altre parti del corpo (!!!). In sala non si può toccare nessun cibo con le mani, pane incluso. Evitare inoltre di trasportare attrezzatura con le sole mani e usa il vassoio (o, inmancanza, un piatto).
Evitare i movimenti improvvisi, come voltarsi, iniziare a camminare, cambiare direzione di cammino…, e abituarsi a guardarsi prima intorno, per evitare incresciosi contatti o incidenti.
- Schiena dritta e non inclinarsi troppo; mai appoggiarsi al muro, sui tavoli o sulle sedie dei clienti.
- La tua persona e la divisa devono essere in ordine e pulite; sul lavoro operare sempre con materiale pulito e mantenere pulite le zone di lavoro e di servizio.
- Muoviti e agisci sempre in modo rapido, anche quando c’è poco lavoro, e non correre mai, neppure nei momenti di più intensa attività.
- Cordialità, simpatia, gentilezza… ma evita le eccessive confidenze, anche se ti sembra che il cliente ne sia contento; questa è la situazione più pericolosa, perché non sempre si è in grado di percepirne il limite. Per
contro evita di tenere un atteggiamento troppo freddo e distaccato.

- Durante il lavoro, mettiti nei panni dei clienti per soddisfarli al meglio e valutare in modo corretto la qualità del tuo operato. 
Instaura col cliente un rapporto sincero, onesto, tranquillo e professionale. 
- Evitare o limitare i rumori.
- Linguaggio sempre appropriato, evitando il dialetto; ovviamente privo di parolacce.
- Fai capire ai tuoi clienti, con comportamenti e parole, che fai del tuo meglio per soddisfarli, e che lo fai con piacere.
- Il cliente abituale apprezza moltissimo se hai per lui un occhio di riguardo: cerca di memorizzare i suoi gusti e le sue preferenze. Osservali, comprendili, ricordali.
- Mentre parli, sorridi sempre: deve essere un sorriso spontaneo, non forzato (si nota subito). Chi non sa sorridere deve cambiare professione!
- Fa' sentire al tuo cliente che lui per te è molto importante (tutti); valorizzalo come persona e apprezza le sue idee, giudizi e desideri.
- Se noti che un cliente non è soddisfatto (o non ha mangiato del tutto la pietanza) intervieni per porvi rimedio o informa subito il tuo superiore.
- Se puoi, cerca di prevenire i desideri, le esigenze e le richieste degli ospiti. Una delle più preziose qualità di una bravo cameriere è proprio l'anticipazione.
- Prima di servire, sbarazzare o rimpiazzare accertati che il cliente ti abbia notato; in caso contrario richiama l’attenzione con frasi come: "prego", "chiedo scusa", "gradisce...", "mi scusi". MAI: "ATTENZIONE" o "PERMESSO"
- Evita commenti e pettegolezzi, e non ascoltare i discorsi dei clienti. Non criticare o biasimare altre persone con i clienti; spesso ti si ritorce contro.
- Rispettare sempre le precedenze di servizio.
- Se mentre cammini incroci un cliente, cedigli il passo: fermandoti o rallentando e facendolo passare prima di te. Anche entrando in una stanza, aprirgli la porta e farlo passare per primo. Stessa cosa in ascensore.
- Utilizzare un tono basso di voce; se l’interlocutore è distante, non devi alzare il tono, ti devi avvicinare! Il tuo modo di parlare deve essere pronto, sicuro, deciso, convincente e tranquillo.
- Se hai commesso qualche errore, ammettilo subito con sincerità. 
- Mantenere sempre la calma e ragiona, anche quando ci sono dei problemi e nei momenti di lavoro frenetici.







Bibliografia e sitografia: "Sarò maitre, sarò barman" (Prato, Pedone, Moscatiello, Orsini); Slow food editore.
www.salabar.it


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