aprile 05, 2012

Red passion

Quando una persona non ha una vita soddisfacente, cerca le più disparate distrazioni. Oppure, quando si è particolarmente felici, si usa aggiungere, a corollario, motivi per esserlo ancora di più. O entrambi i casi. Chi lo sa!
Fatto sta che, ultimamente, mi entusiasmo con poco.

In settimana stavo descrivendo con grande esaltazione la produzione del mio pane fatto in casa ("Nero ai 7 cereali" e al "Farro" della farina "Spadoni") alla mia collega e ad un appassionato di cucina alternativa, alimentazione sana, vegano e attento alla biodiversità, il quale subito mi ha 'smontato', dicendomi che queste farine "industriali" non sono di ottima qualità e che la morbidezza del pane non è mai sinonimo di grande riuscita dello stesso. Mi ha parlato di un tipo di farina, la migliore in assoluto secondo il suo parere. Ieri, allora, la mia amica Mariangela mi ha portato un sacco di quella farina, farro integrale monococco, acquistata direttamente da un mulino nelle Langhe: 14 euro per 5 chili. Molto conveniente, considerando che in giro la si trova dai 3-4 euro in su.
E, manco a dirlo, ho impastato ancora!
Ho fatto anche due mini baguette rustiche per mio fratello, da offrire, in hotdog, ad una sua amica invitata per cena. Lasciamo perdere...
Rossissimo
Il farro monococco (o "Piccolo"), coltivato solo in sporadiche superfici, è, per chi ancora non lo sapesse, il più antico e pregiato tipo di frumento usato dall'uomo come nutrimento, fin dal neolitico. Era parte predominante della cucina degli antichi romani ed era chiamato "Cibo dei legionari". L'importanza di questo cereale è testimoniata dal fatto che una antica forma di matrimonio era detta "Confarrato" (gli sposi mangiavano una focaccina di farro).
Fa parte della specie "Triticum" insieme al farro "Medio" e la "Spelta" (o "Grande).
Povero di grassi, ricco di fibre, di proteine (più di qualsiasi altro cereale), di vitamine e di sali minerali, sazia e non fa ingrassare. Il suo colore rossiccio è dovuto all'alto contenuto di betacarotene.
La coltivazione del farro è stata rivalutata solo di recente, essenzialmente per le ottime proprietà nutrizionali, dopo una lunga assenza dalla tavole italiane; è stato infatti soppiantato da farine bianche, impalpabili e lavorate, le quali, permettendo la produzione di pasta e pane raffinati, incontravano in tal modo i gusti e le esigenze di palati sempre più massificati.
In questi ultimi anni è uscito dalla nicchia dei negozi biologici, e lo si trova anche negli scaffali dei supermercati sottoforma di pane, pasta e affini, ad arricchire la tavola e la nostra alimentazione, seguendo il criterio certamente più importante di tutti per la salute: la diversità.
Pasta lievitata



Fuori dal forno


Rosso!
Una brioche!


Il mio voto è 9.
C'è un piccolissimo margine di miglioramento per arrivare al 10. E dipende, forse, dalla temperatura della lievitazione e del forno durante la cottura. Ma si tratta di perfezionamenti e di sottigliezze  che si possono raggiungere con diverse prove.
Sfido chiunque a farne uno più buono senza usare olio, strutto o altri grassi, ma esclusivamente farina integrale di farro monococco (che lievita con difficoltà in quanto pesante e abbastanza igroscopica), lievito-madre, un cucchiaino di sale e acqua.
Il lievito-madre me l'ha regalato la mia collega Mariangela (dice che ha 200 anni!), la quale fa parte di una confraternita che lo spaccia letteralmente, in maniera gratuita, nelle fiere di paese. Bisogna nutrirlo e rinfrescarlo di tanto in tanto, bagnarlo proprio come una piantina. La sera prima di fare il pane, si versa il contenuto del barattolo dentro una ciotola, si aggiunge un bicchiere d'acqua e farina tipo "2" fino a ricreare la consistenza prima della diluizione. E' necessario poi lasciarlo riposare per una notte coperto da un panno e il mattino seguente una metà si rimette nel barattolo chiuso in frigo e con la restante parte avanzata nella ciotola si impasta mezzo chilo di farina. Questa è la tecnica, in breve.
La "madre"riposa in frigo
La lievitazione naturale, per le pagnotte da 50 gr, non può durare meno di 3 ore: 1ora la prima, 2 ore la seconda. In quest'ultima si rimpasta e si creano delle palline da far lievitare nuovamente. Dopo un'ora i bocconcini aumentano circa il doppio del volume e a questo punto vanno cotti in forno precedentemente riscaldato a 200 gradi per 20/25 minuti, prima che la lievitazione li sgonfi e li tramuti in schiacciatelle. Il risultato è un panino soffice, ma croccante, privo di qualsiasi retrogusto di lievito e facilmente digeribile.
Un krapfen!
PS: Il consiglio è comunque quello di preparare pezzature da 800 gr / 1 kilo: in questo modo, durante la cottura, il batteri si raccolgono nel centro e patiscono, in tal modo, meno il calore; a cottura ultimata riprendono e continuano nelle 24 ore successive la loro azione ripopolando l'intera pagnotta; questo è il motivo per cui il pane con pasta madre va consumato il giorno dopo.

Per ulteriori approfondimenti, consiglio i seguenti siti da cui si evincono, in breve, alcune parole chiave:

- http://www.pastamadre.net/
- http://www.panebioceres.it/index.php?option=com_content&view=article&id=205&Itemid=11
- http://www.cittadiniecologisti.it/2010/01/pane-i-segreti-della-lievitazione-acida/



Perché fare il pane con la Pasta Madre? (di Giancarlo Costa, "Comunità del Cibo Pasta Madre")
  • perché è buono così com'è (senza l'aggiunta di additivi, miglioratori  e conservanti)
  • perché fa bene (fermentazione come miglioramento nutrizionale, lattobacilli, oligoelementi e vitamina B)
  • perché ci consente un controllo totale degli ingredienti e quindi ci restituisce consapevolezza
  • perché ci riconnette alla nostra altra grande Madre: la Terra
  • perché è un' esperienza sociale

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