gennaio 28, 2015

A tavola al Quirinale


Nel Salone delle Feste l’apparecchiatura è perfetta. Gli addobbi floreali sono arrivati. E in cucina tutto è pronto.
Ecco come funziona il cerimoniale dell’accoglienza quando il Presidente della Repubblica ospita nel nome e in rappresentanza della Nazione.



“Sorridete. Accostatevi agli ospiti in modo riservato e gentile. Servite prima le signore e poi i signori. Veloci, ma dando l’impressione di fare lentamente. Non aprite bocca, il vostro compito è capire e farvi capire senza parlare”.
Sono quasi le 18 e nel Salone delle Feste del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica, iniziano le prove: alle 20 si svolgerà una cena ufficiale nell’ambito di una visita di stato con un Presidente ospite. Sono attesi 120 invitati. A vigilare che il rito dell’accoglienza si svolga nel migliore dei modi c’è il sovrintendente alle attività dei Settori Tavola e Cucina.
Tutto deve essere semplicemente perfetto e perfettamente semplice, senza inutili coreografie, artifici o forzature.

Nel tempo il cerimoniale è stato snellito e semplificato: ora le portate dei pasti ufficiali sono ristrette a tre e la durata di un pranzo ridotta a 40 minuti circa. Ma non c’è nessun limite alla cortesia verso gli ospiti. Quando entrano, vengono aiutati a trovare il loro posto. Appena sono tutti seduti, si versa loro l’acqua di primo ristoro e lo spumante per il brindisi di fine discorso dei Presidenti, il nostro e quello ospite.
Finiti i discorsi, viene servito il primo e subito dopo i vini: il bianco e poi il rosso.
Le prove, un esercizio essenziale perché tutto sia perfetto



I camerieri mimano a mani vuote i gesti che dovranno compiere, in un silenzio che fa esplodere gli scricchiolii dell’antico pavimento di legno, nonostante l’enorme tappeto che lo ricopre quasi completamente. Arrivano gli addobbi floreali. Sono disposti in piccole mezzelune di ceramica da sistemare a incastro intorno al piede di sei grandi candelabri di bronzo dorato, le cui candele saranno accese 10 minuti prima dell’ingresso degli ospiti. Oppure svettano dentro ad alzatine di vermeil, da collocare a intervalli regolari ogni tre posti. A seconda delle stagioni e delle necessità, i fiori arrivano dal mercato all’ingrosso, dalle serre del Quirinale o dalle tenute di Castelporziano. Non hanno profumo, per non disturbare l’olfatto, e sono tutti rosa, rossi o arancioni, i toni che risaltano al meglio sotto le luci dei tre enormi lampadari nella grande sala tutta rossa e oro.
Sulla lunga fila dei bicchieri (4 calici e 1 flûte per ogni invitato) viene teso un nastro: se passa per tutto il percorso al centro delle flûte, significa che l’allineamento è perfetto.
Con un centimetro si controlla poi che la distanza fra il centro di ogni piatto sia esattamente di 68,5 centimetri. Ogni posto, tranne quello del Presidente, è identificato con il nome dell’invitato scritto a mano su un cartoncino.

 Conoscere i gusti personali: un sottile gioco di diplomazia
“Il servizio deve essere il fiore all’occhiello del Quirinale, per confermare nel mondo la nostra grande tradizione di ospitalità”. Anche nella composizione dei menu l’ospite è al centro dell’attenzione.
Con un piccolo lavoro di intelligence fra ambasciate, oltre che delle intolleranze alimentari, si viene a conoscenza anche dei gusti personali. Così il presidente Jacques Chirac ha trovato a tavola, senza doverla chiedere, la birra senza schiuma con cui ama pasteggiare. E all’ex cancelliere Gerhard Schröder è stata offerta birra con schiuma all’ora dell’aperitivo, come gli piace. E se non si conoscono i gusti di un ospite in fatto di vini, anche se nel menu c’è pesce, vengono fatti servire sia il bianco sia il rosso, perché chi ne preferisce uno, non debba accontentarsi dell’altro.
Per quanto riguarda il rispetto dei precetti religiosi, per esempio, a un musulmano la carne viene servita soltanto a pezzi interi, in modo che non si alzi da tavola con il dubbio che in una farcia o in un ragù ci fosse maiale tritato.
La Cucina Grande, una grande cucina che si fa in quattro
Sono le 19 e gli chef arrivano per confermare che per gli ospiti del presidente Giorgio Napolitano tutto è pronto. Il loro lavoro si svolge nella Cucina Grande, come recita una targa scolpita in cima a una scalinata in marmo lisciato dal tempo, che scende nei sotterranei.
La Cucina Grande è da sempre lì sotto: dotata di modernissime attrezzature, si sviluppa in lunghezza per decine di metri, con locali che si aprono uno dentro l’altro, sotto soffitti a botte, con le pareti ricoperte di mattonelle tipo antica Vietri. La “brigata di cucina” segue un programma segnato su tabelle appese al muro: tutto si svolge in silenzio, non c’è rumore di pentole o piatti, nessuno impartisce ordini secchi. Avvengono qui le preparazioni per i grandi ricevimenti.
Poi, esistono quattro cucine minori dislocate in diversi punti del Quirinale: la Frutteria, per il servizio degli ospiti degli appartamenti imperiali, il Torrino, per i pranzi nella torretta affacciata sul cortile d’onore, quella della Palazzina del Fuga, dove si svolgono pranzi con un numero ristretto di partecipanti, e quella dell’appartamento privato del Presidente.
La Cucina Italiana - A tavola al Quirinale











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