Buongiorno
21/02/2013
Superometti
La storia a pessimo fine di Oscar Pistorius ci costringe a
riflettere sui danni arrecati a troppe generazioni di maschi
dall’ideologia del Superuomo. Non nella versione originale di Nietzsche,
ma nelle sue troppe parodie, la più tragica delle quali è stata il
nazismo. Per il Superometto del Duemila, cresciuto a colpi di retorica
pubblicitaria («l’uomo che non deve chiedere mai») e cinematografica
(«al mio segnale scatenate l’inferno»), la M di maschio significa
muscoli anziché maturità. Il Superometto pensa ancora che il coraggio
consista nell’oltrepassare i propri limiti, anziché nell’accettarli per
trovarvi un senso più profondo. E’ un conformista dell’anticonformismo,
ottusamente convinto che il solo modo di opporsi alla mollezza dei
deboli sia l’energia che scaturisce dalla violenza. Ama le armi e
risolvere i conflitti con la forza bruta. I valori in cui crede sono la
vendetta, come riequilibrio di torti subiti o supposti, e quel malinteso
senso dell’onore che lo induce a considerare ogni scelta da lui non
condivisa un attacco al suo fragile ego. Piace alle donne che scambiano
la sua carica isterica per forza d’animo e spesso, purtroppo, ne
subiscono le conseguenze. Ma sotto la sua corazza da duro è così debole e
complessato da rifiutarsi di capire che la mascolinità non si misura
nella conquista degli altri, ma di sé.
Ogni volta che le mie viscere sono lambite dal virus del Superometto, corro a cercare l’antidoto in una massima che la leggenda attribuisce a Re Artù e ai suoi cavalieri: «Siamo stati costretti ad andare nel mondo in cerca di avventure perché non eravamo più capaci di viverle nei nostri cuori». La vera avventura è quella lì.
Ogni volta che le mie viscere sono lambite dal virus del Superometto, corro a cercare l’antidoto in una massima che la leggenda attribuisce a Re Artù e ai suoi cavalieri: «Siamo stati costretti ad andare nel mondo in cerca di avventure perché non eravamo più capaci di viverle nei nostri cuori». La vera avventura è quella lì.
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