Giacomo Ceruti "Tre mendicanti" |
spretato, lo studente perduto, i farabutti di tutte le nazioni, spagnoli, italiani, tedeschi, di tutte le religioni, ebrei, cristiani, maomettani, idolatri, coperti di finte piaghe, mendicanti di giorno, si trasformavano di notte in briganti; in una parola, immenso spogliatoio dove si vestivano e si svestivano a quell'epoca tutti gli attori di quell'eterna commedia che il furto, la prostituzione e l'assassinio recitano sul selciato di Parigi.
Era una vasta piazza, irregolare e mal lastricata, come tutte le piazze di Parigi a quel tempo. Vi brillavano qua e là dei fuochi intorno ai quali formicolavano strani gruppi. Era tutto un andare, venire, gridare. Si sentivano risate acute, vagiti di bambini, voci di donne. Le mani, le teste di quella folla, nere sullo sfondo luminoso, vi stagliavano mille gesti bizzarri. A tratti, sul suolo, dove tremolava il bagliore dei fuochi misti a grandi ombre indefinite, si poteva veder passare un cane che somigliava ad un uomo, un uomo che somigliava ad un cane. I limiti delle razze e delle specie sembravano dissolversi in questa città come in un pandemonio. Uomini, donne, animali, età, sesso, salute, malattia, tutto sembrava essere in comune tra quella gente; tutto andava insieme, mischiato, confuso, sovrapposto; là ognugno era partecipe di tutto.
Tratto da "Notre Dame de Paris" di Victorio Hugo
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