Ho fatto passare un po' di tempo prima di scrivere di Whitney. Dovevo metabolizzare. Come quando ti manca una persona cara, all'inizio non vuoi crederci, hai una reazione spropositatamente ed inspiegabilmente calma. L'ho saputo sabato scorso, passata abbondantemente la mezzanotte, mentre ero in discoteca. L'annuncio al microfono: morta. Le cause erano chiare a tutti e nel più perfetto cliché dello star system: deceduta nella vasca di una camera d'albergo di Beverly Hills, prima di presenziare alla notte dei Grammy. Copione molto simile al film che la consacrò nel 1992 stella di assoluta grandezza, "Bodyguard".
Le decine di condivisioni di link, video o articoli di giornale da parte di stupidi "bimbominchia" qualunque, su Facebookm mi hanno dato il colpo di grazia. Ed eccomi qui a fare chiarezza su alcuni aspetti dell'esistenza che mi stanno particolarmente a cuore.
Facebook rappresenta un nuovo canale di reperimento e circolazione della notizia, è vero. E' dunque uno strumento utile, veloce, "giovane" ed aggiornato. Ma è anche una fucina di banalità, di sciocchezze, di pensieri comunicati insopportabilmente senza filtro, da adolescenti con la smania di apparire, esprimendosi senza ponderare prima le conseguenze. Questo modo "sincero a tutti i costi", che denota anche, per certi versi, maleducazione, è tuttavia la cartina di tornasole della loro personalità foriera di sentimenti bassi e vili: repressione sessuale, frustrazione e invidia verso chi ha avuto maggior fortuna nella vita.
Come per Amy Winehouse (e Michael Jackson), si è messo in moto una macchina del fango sfoga-cattiveria e qualcuno ha scritto che chi ha fama, ricchezza, felicità e assume droghe si merita di fare questa fine: il cinismo a buon mercato che non risparmia neanche un sentimento umano innato come il rispetto della morte.
Un altro principio che molti fanno fatica a ricordare è che "chi è senza peccato scagli la prima pietra", come ebbe a dire qualcuno 2000 anni fa. Eppure lo sport preferito, soprattutto dagli italiani, sembra proprio essere la critica, il chiacchiericcio, il pettegolezzo. Cosa significa accostare un'immagine della cantante a quella di bambini stremati dalla fame in Africa, in un momento come questo? Mistero. Si vuole parlare di tutto per parlare di niente, per banalizzare ogni cosa. Come quando si parla dei lager nazisti e subito se ne esce uno che dice: "Sì, però le Foibe...!". Ecco, un modo di replicare, di giustificare, che è nato proprio col la nascita del Revisionismo storico. Si accavallano gli argomenti per creare confusione e per non far capire più niente a nessuno. Un argomento alla volta, please, andiamo con ordine.Trattiamo dei bambini che muoiono di fame in Africa tutto l'anno, oggi è morta Whitney Houston, parliamo di lei. E' strano come un personaggio lontano da noi anni luce lo si possa sentire parte della nostra famiglia. E' il potere evocativo della musica, il linguaggio universale che esprime e i sentimenti che ci accomunano nelle canzoni, ma il nostro/la nostra beniamina diventa amica e alleata, ci accompagna per anni con la sua voce attraverso le cuffiette del nostro iPod, diventa parte di noi. Forse non sarà una nostra parente, è chiaro, ma quando ti muore una persona cara non ti interessa che qualcuno ti dica "pensa ai bambini dell'Africa", in quel momento non ci pensi proprio.
L'accanimento verso un personaggio famoso, ricco, bello è senza senso. Si può essere invidiosi di chi si è tolto il bene più prezioso, ovvero la vita? No, nessun prezzo è sufficiente. Non si riesce ad andare oltre e capire che le miserie di una grande diva sono le miserie di tutti noi? Che i sentimenti, le emozioni, le sofferenze, le paure, le depressioni, le angosce sono universalmente simili sia per lo spiantato che per il multimilionario? Si può invidiare la fragilità di una donna che per amore ha distrutto la sua vita dall'oggi al domani, passando da icona pop (ed esempio di brava ragazza) a donna maltrattata che si autodistrugge e si infligge, attraverso le droghe, una inevitabile condanna a morte? Sono tutti bravi a fare i conti con la vita degli altri e ad occultare la propria, a nascondere le proprie debolezze, incertezze e paure attraverso una pseudo sicurezza ed un finto atteggiamento fiero.
Senza alcuna retorica o patetismo, posso dire che mi dispiace vedere un'altra cantante di successo andarsene così. Ha smesso di soffrire ed è libera finalmente, questo sì. Libera da quei demoni che l'hanno oppressa e avvicinata alla droga e all'alcol (come accade a tutti quelli che entrano in questo tunnel e non ne escono più) inevitabilmente per sopportare il male di vivere o provare a vincere l'infelicità. D'altronde la droga non ha per lei neppure contribuito, come spesso è accaduto a moltissime rockstar morte così, ad alimentare il mito; il disfacimento fisico e mentale non ha avuto quel seducente appeal che frequentemente ammanta personaggi famosi, degradandoli/elevandoli a rango di "genio e sregolatezza" al quale tutto è permesso. Il suo talento non aveva bisogno di altro. Fin dagli esordi si era chiara la grandezza sovraumana della sua meravigliosa voce.
Il suo grande errore (ma chi non lo commette?) è stato quello di innamorarsi del suo carnefice. Quando esattamente 5 anni fa, durante i giochi Olimpici invernali di Torino la vidi in piazza Castello, buttata letteralmente sul palco da quel marito-produttore-aguzzino Bobby Brown, completamente drogata di crack, inverosimilmente afona, completamente stonata, già quella notte, sotto la neve ho pianto la sua morte artistica. Era finita. A poco è servito ripulirsi e tornare sulle scene con l'ultimo album "I look at you" qualche tempo dopo.
Quella voce unica, cristallina ed irripetibile, capace di incantare platee di tutto il mondo, di fare alzare il pubblico di Sanremo nel 1987 per chierdere il "bis" di quell'esecuzione magistrale che è stata "All at once", o quando semplicemente con una nota iniziale all'Arena di Verona fece zittire in un silenzio surreale i fans trepidanti nell'attesa che incominciasse il concerto, ha venduto 170 milioni di dischi in tutto il mondo. Il suo album omonimo di debutto (in foto) è entrato nel Guinness dei Primati come l'album più venduto di una cantante esordiente (quasi 29 milioni di copie).
Per me rimane una delle 10 voci più belle di musica popolare del Novecento e degli anni Duemila, in una mia ipotetica, per quanto limitativa, classifica:
1) Ella Fitzgerald
2) Billie Holiday
3) Nina Simone
4) Mina
5) Etta James
6) Joan Baez
7) Edith Piaf
8) Barbra Streisand
9) Whitney Houston
10) Mariah Carey
Non sono riuscito a far rientrare alcune degnissime cantanti tra le prime dieci, ma le posso menzionare e sono: Erykah Badu, Bjork, Jodi Mitchel, Sarah Vaughan, Judy Garland, Dinah Washington, Ymac Sumac, Patsy Cline...
Le decine di condivisioni di link, video o articoli di giornale da parte di stupidi "bimbominchia" qualunque, su Facebookm mi hanno dato il colpo di grazia. Ed eccomi qui a fare chiarezza su alcuni aspetti dell'esistenza che mi stanno particolarmente a cuore.
Facebook rappresenta un nuovo canale di reperimento e circolazione della notizia, è vero. E' dunque uno strumento utile, veloce, "giovane" ed aggiornato. Ma è anche una fucina di banalità, di sciocchezze, di pensieri comunicati insopportabilmente senza filtro, da adolescenti con la smania di apparire, esprimendosi senza ponderare prima le conseguenze. Questo modo "sincero a tutti i costi", che denota anche, per certi versi, maleducazione, è tuttavia la cartina di tornasole della loro personalità foriera di sentimenti bassi e vili: repressione sessuale, frustrazione e invidia verso chi ha avuto maggior fortuna nella vita.
Come per Amy Winehouse (e Michael Jackson), si è messo in moto una macchina del fango sfoga-cattiveria e qualcuno ha scritto che chi ha fama, ricchezza, felicità e assume droghe si merita di fare questa fine: il cinismo a buon mercato che non risparmia neanche un sentimento umano innato come il rispetto della morte.
Un altro principio che molti fanno fatica a ricordare è che "chi è senza peccato scagli la prima pietra", come ebbe a dire qualcuno 2000 anni fa. Eppure lo sport preferito, soprattutto dagli italiani, sembra proprio essere la critica, il chiacchiericcio, il pettegolezzo. Cosa significa accostare un'immagine della cantante a quella di bambini stremati dalla fame in Africa, in un momento come questo? Mistero. Si vuole parlare di tutto per parlare di niente, per banalizzare ogni cosa. Come quando si parla dei lager nazisti e subito se ne esce uno che dice: "Sì, però le Foibe...!". Ecco, un modo di replicare, di giustificare, che è nato proprio col la nascita del Revisionismo storico. Si accavallano gli argomenti per creare confusione e per non far capire più niente a nessuno. Un argomento alla volta, please, andiamo con ordine.Trattiamo dei bambini che muoiono di fame in Africa tutto l'anno, oggi è morta Whitney Houston, parliamo di lei. E' strano come un personaggio lontano da noi anni luce lo si possa sentire parte della nostra famiglia. E' il potere evocativo della musica, il linguaggio universale che esprime e i sentimenti che ci accomunano nelle canzoni, ma il nostro/la nostra beniamina diventa amica e alleata, ci accompagna per anni con la sua voce attraverso le cuffiette del nostro iPod, diventa parte di noi. Forse non sarà una nostra parente, è chiaro, ma quando ti muore una persona cara non ti interessa che qualcuno ti dica "pensa ai bambini dell'Africa", in quel momento non ci pensi proprio.
L'accanimento verso un personaggio famoso, ricco, bello è senza senso. Si può essere invidiosi di chi si è tolto il bene più prezioso, ovvero la vita? No, nessun prezzo è sufficiente. Non si riesce ad andare oltre e capire che le miserie di una grande diva sono le miserie di tutti noi? Che i sentimenti, le emozioni, le sofferenze, le paure, le depressioni, le angosce sono universalmente simili sia per lo spiantato che per il multimilionario? Si può invidiare la fragilità di una donna che per amore ha distrutto la sua vita dall'oggi al domani, passando da icona pop (ed esempio di brava ragazza) a donna maltrattata che si autodistrugge e si infligge, attraverso le droghe, una inevitabile condanna a morte? Sono tutti bravi a fare i conti con la vita degli altri e ad occultare la propria, a nascondere le proprie debolezze, incertezze e paure attraverso una pseudo sicurezza ed un finto atteggiamento fiero.
Senza alcuna retorica o patetismo, posso dire che mi dispiace vedere un'altra cantante di successo andarsene così. Ha smesso di soffrire ed è libera finalmente, questo sì. Libera da quei demoni che l'hanno oppressa e avvicinata alla droga e all'alcol (come accade a tutti quelli che entrano in questo tunnel e non ne escono più) inevitabilmente per sopportare il male di vivere o provare a vincere l'infelicità. D'altronde la droga non ha per lei neppure contribuito, come spesso è accaduto a moltissime rockstar morte così, ad alimentare il mito; il disfacimento fisico e mentale non ha avuto quel seducente appeal che frequentemente ammanta personaggi famosi, degradandoli/elevandoli a rango di "genio e sregolatezza" al quale tutto è permesso. Il suo talento non aveva bisogno di altro. Fin dagli esordi si era chiara la grandezza sovraumana della sua meravigliosa voce.
Il suo grande errore (ma chi non lo commette?) è stato quello di innamorarsi del suo carnefice. Quando esattamente 5 anni fa, durante i giochi Olimpici invernali di Torino la vidi in piazza Castello, buttata letteralmente sul palco da quel marito-produttore-aguzzino Bobby Brown, completamente drogata di crack, inverosimilmente afona, completamente stonata, già quella notte, sotto la neve ho pianto la sua morte artistica. Era finita. A poco è servito ripulirsi e tornare sulle scene con l'ultimo album "I look at you" qualche tempo dopo.
Quella voce unica, cristallina ed irripetibile, capace di incantare platee di tutto il mondo, di fare alzare il pubblico di Sanremo nel 1987 per chierdere il "bis" di quell'esecuzione magistrale che è stata "All at once", o quando semplicemente con una nota iniziale all'Arena di Verona fece zittire in un silenzio surreale i fans trepidanti nell'attesa che incominciasse il concerto, ha venduto 170 milioni di dischi in tutto il mondo. Il suo album omonimo di debutto (in foto) è entrato nel Guinness dei Primati come l'album più venduto di una cantante esordiente (quasi 29 milioni di copie).
Per me rimane una delle 10 voci più belle di musica popolare del Novecento e degli anni Duemila, in una mia ipotetica, per quanto limitativa, classifica:
1) Ella Fitzgerald
2) Billie Holiday
3) Nina Simone
4) Mina
5) Etta James
6) Joan Baez
7) Edith Piaf
8) Barbra Streisand
9) Whitney Houston
10) Mariah Carey
Non sono riuscito a far rientrare alcune degnissime cantanti tra le prime dieci, ma le posso menzionare e sono: Erykah Badu, Bjork, Jodi Mitchel, Sarah Vaughan, Judy Garland, Dinah Washington, Ymac Sumac, Patsy Cline...
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