giugno 19, 2011
Lucia al Regio
No, non c'è da preoccuparsi: non è nata un'altra Maria.
Ascoltavo proprio poco fa una registrazione della Callas rimanendo strabiliato dal suo acuto di Io son dannata! dall'aria: "Voi lo sapete o mamma" di Cavalleria Rusticana del compositore livornese Pietro Mascagni. Non cito di proposito l'opera principe di Donizetti, proprio perché con Lucia il soprano greco ha raggiunto il suo acme e , quindi, ogni eventuale raffronto sarebbe vano.
Tuttavia per entrare a tutti i costi negli anni Duemila, dobbiamo anche dare spazio ad altre moderne interpreti. Anche se il "mito" aleggia sempre su di noi.
Così oggi, domenica 19 giugno 2011, ho assistito alla prova generale di "Lucia di Lammermoor" al Teatro Regio di Torino. Mi sono seduto in prima fila perché sapevo che la scenografia sarebbe stata spettacolare, e non mi ha deluso.
Hanno spiccato soprattutto Alessandro Guerzoni (basso), l'educatore Raimondo; Maria Grazia Schiavo (soprano), la protagonista; Piero Pretti (tenore), nel ruolo di Edgardo, l'innamorato di Lucia.
Applausi scroscianti, levate frequenti di "Bravo" e "Brava" hanno certamente consacrato questo gruppo B, formato da professionisti con margine d'errore pari a zero.
Se bisogna cercare il pelo nell'uovo e trovare l'errore posso dire che mi è piaciuto di più "Il dolce suono" e il gorgheggìo virtuosistico in "Spargi d'amaro pianto" e meno "Ardon gli incensi", "Regnava nel silenzio" e "Quando rapito in estasi". Ma sono minuzie. Forse nell'atto secondo la voce si era scaldata meglio, succede. O, probabilmente, quando la parte era fortemente recitativa la distrazione dal canto prendeva il sopravvento e viceversa. Infatti la scena della pazzia è stata fatta seduta sul proscenio in maniera precisa, da brividi. La bravura nel raggiungere note estreme anche da sdraiata, in movimento, a pancia in giù è stata incredibile, straordinaria, ed è la qualità che subito saltava all'occhio dello spettatore. Maria Grazia Schiavo ha raggiunto acuti e coloriture molto elevate che le hanno fatto meritare l'interminabile scroscio finale di applausi. Dal canto mio, avevo anche un po' male ai palmi delle mani...
La perfezione tecnica e la chiarezza del fraseggio, purtroppo, non sono sufficienti se si vuol fare un paragone con Maria Callas: essa, infatti, è unica, rara e sola ad aver sommato la perfezione tecnica (a volte anche volutamente compromessa) che le permetteva di toccare gli acuti più alti come anche le note più basse e profonde, alla capacità recitativa, diventando il simbolo della tragedia, del dramma e della sofferenza. Di sicuro l'unica del Novecento e che di cui si abbia registrazioni audio. Per riuscire a trovare altre cantanti di opera lirica comparabili alla Callas bisogna tornare indietro, a fine Ottocento, e leggere le cronache narranti grandi dive che facevano impazzire il pubblico del XIX secolo: Giuditta Pasta e Maria Malibran.
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